Migrazioni delle anguille

Le anguille si riproducono nel Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico, tra le Grandi Antille e l’arcipelago delle Azzorre. Le anguille europee intraprendono poi un lungo viaggio e dopo 2 o 3 anni raggiungono le foci dei i fiumi; arrivano ancora nella fase infantile, lo stadio di "ceca", e iniziano a risalire i corsi d’acqua.
Quando le anguille raggiungono la maturità sessuale (anguilla "argentatina"), una forza misteriosa le spinge a ripercorrere "in senso inverso il lungo viaggio di nozze e di morte, senza ritorno".

Le ricerche e gli esperimenti di Massimo Sella sulla migrazione delle anguille in Istria sono di estrema importanza, non solo dal punto di vista ittiologico, ma anche per la ricostruzione dei corsi sotterranei dei fiumi carsici.

Fiume Timavo

Massimo Sella esegue esperimenti con le anguille nel Timavo.
Il Timavo ha lungo percorso sotterraneo, di circa 40 chilometri, che, dalle grotte di San Canziano in Slovenia, passando per l’Abisso di Trebiciano, raggiunge il paese di San Giovanni di Duino, dove ricompare in superficie per sfociare, dopo un paio di chilometri, nel golfo di Trieste.
Massimo utilizza le anguille come "tracciante", sfruttando il loro istinto migratorio; per marcarle, effettua delle incisioni nelle pinne caudali e dorsali. Nel Timavo vengono immesse 494 anguille: a monte delle perdite di Vreme (dove le acque del Timavo si inabissano), nelle grotte di San Canziano e nella grotta di Trebiciano, contraddistinguendole con incisioni nelle pinne, di tipo diverso per riconoscere i luoghi di immissione.
La prima anguilla giunge alle risorgive del Timavo dopo 40 giorni, proveniente da Trebiciano; dopo 55 giorni giunge la prima da San Canziano e dopo 188 giorni la prima dal Timavo superiore.
Con questi esperimenti, realizzati tra il 1927 e il 1928, Massimo può dimostrare: che le anguille migrano, come si ipotizzava, nelle acque sotterranee; che da San Canziano a Duino il percorso delle acque è continuo, come aveva già ritenuto lo speleologo Eugenio Boegan, direttore de "Le Grotte d’Italia", che più volte si era inabissato nella grotta di Trebiciano, profonda 329m; che le anguille possono essere utilizzate per ricostruire i percorsi delle acque sotterrane negli studi idrografici.

Foiba di Pisino

Gli esperimenti nel torrente Foiba, che scompare presso il paese di Pisino, permettono a Massimo di confermare che questo fiume comunica sottoterra con la vallata del fiume Arsa, nell’Istria orientale, ipotesi già sostenuta dal geologo istriano Carlo d’Ambrosi. L’antico alveo del torrente Foiba, che si dirigeva a ovest, nella valle Draga, verso il canale di Leme, poco lontano da Rovigno, si andò prosciugando nel corso del sollevamento del basso e medio Pleistocene in seguito a fenomeni tettonici e ai conseguenti processi di erosione.
Le acque della Foiba si scavarono nelle rocce carsiche un percorso completamente diverso, andando a raggiungere verso sud-est la valle dell’Arsa.




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